APPROFONDIMENTO:
ABBANDONARE LE VECCHIE CREDENZE
Oggi, “grazie” ai progressi tecnologici, l’uomo è considerato più o meno come una macchina composta di pezzi smontabili, sostituibili e eliminabili, o addirittura cyber-integrabili, all’interno di una prospettiva dove tutto è nel mondo fisico e tutto si basa su meccanismi causa-effetto che per esistere devono essere in qualche modo osservabili.
Basti pensare che, nonostante i più recenti sviluppi della fisica dei quanti, la biologia e la medicina sono rimaste ancorate ai vecchi paradigmi, cosicché il corpo umano viene ancora studiato come se avesse solo proprietà fisiche (un insieme di particelle) anziché energetiche (un flusso di onde).
La malattia viene tuttora interpretata come un guasto da riparare localmente, magari con qualche molecola biochimica (farmaco) o con la sostituzione del pezzo (intervento chirurgico), come se tale operazione non andasse a incidere su tutto l’organismo nel suo insieme.
Inoltre il completamento del Progetto Genoma Umano, ha rivelato che i circa 25.000 geni presenti nel nostro codice genetico sono assolutamente insufficienti per spiegare la complessità e la variabilità dell’organismo Uomo, ma soprattutto non sono in grado di rendere conto della sua evoluzione, considerando che non ha poi molti geni in più di un ratto!
Allora se il dominio genetico è illusorio, che cosa controlla realmente la nostra biologia?
Le ricerche più recenti mostrano che un gene non si attiva a causa di presunte predisposizioni innate, ma che viene stimolato da segnali ambientali (non necessariamente biochimici, ma anche elettromagnetici o vibrazionali) che conferiscono alle proteine forme-strutture differenti, modificando la carica elettromagnetica degli aminoacidi.
Come affermano gli studi più recenti, il gene da solo non è altro che un programma in attesa di essere letto, e non può attivarsi/disattivarsi da solo: occorre un segnale. Ma la percezione dei segnali ambientali non è certo a carico del nucleo cellulare (che contiene il materiale genetico) quanto della membrana, che funge da vero e proprio interruttore di processi biochimici. L’epigenetica ci dimostra oggi che i segnali ambientali, attraverso la membrana, arrivano alle proteine regolatrici e che sono queste a informare il DNA e di conseguenza l’RNA e la specifica sintesi proteica, consentendo ad ogni gene di produrre fino a 30.000 proteine diverse.
La stupefacente conclusione di questa analisi ci porta ad abbandonare la visione della vita programmata geneticamente in modo irreversibile, a favore di una prospettiva dove, grazie ai segnali ambientali, una persona “malata” può creare uno stato di salute e una persona “sana” può produrre la malattia.
Occorre dunque disattivare le vecchie credenze (siamo organismi predeterminati dalla biologia) e avere fiducia nella nostra capacità di autodeterminare i cambiamenti necessari per riportare il nostro essere in equilibrio.